Mancano dieci minuti alle otto del mattino, e sono seduto sul palco della Fenice. Dietro di me è già tutto un movimento di tecnici e macchinisti. Il grande sipario ancora aperto mostra l’avanzamento lavori dell’opera lirica che andrà in scena tra pochi giorni. Il labrador poliziotto annusa il perimetro: non cerca carezze, solo esplosivi. Da dove sono seduto, non vedo nulla di quanto sta accadendo perché ho occhi soltanto per il teatro, vuoto e ancora buio, la Fenice ancora spenta, in attesa di una tempesta che scenderà su di noi e non sappiamo come sarà, come andrà, e come ci comporteremo noi lassù. Accadrà tra poco, anzi pochissimo. Sarà meglio alzarsi, riempirsi la testa con altro, e rispondere alle domande dei luciai e dei fonici.




Il teatro è enorme, è il più bel teatro del mondo, ma le sue dimensioni non sovrastano le persone, non ammutoliscono. Lo pensavo anche tre anni fa, quando lavorai qui per la prima volta: alla Fenice riesci a rimanere ancora te stesso, non ti senti un puntino nell’universo ma un essere vivente in una casa, senti le cose vicine, riconosci le facce una a una. Non c’è un pubblico ma una comunità.
E poi sul palco sarò con tre giovani musiciste che accompagnano il nostro Concerto per conchiglia e orchestra da quando è nato, eccole che entrano, cominciamo le prove: Nausicaa Bono al violoncello, Isabella Condini alla viola, Claudia Bianchi al violino. E con loro si sta bene ovunque, nei lunghi viaggi, nei corridoi dei camerini, in quegli sguardi alla fine di un pezzo. Racconteremo una storia particolare, nella cerimonia del giorno della memoria per la città di Venezia.
Il presidente della comunità ebraica, Dario Calimani, farà un discorso molto forte, un messaggio che lega il passato e il presente senza forzature ma richiamando alla responsabilità di ognuno e di una società che vogliamo e desideriamo ancora considerare civile. Non sarà facile salire sul palco dopo di lui.




Ma eccoci, tocca a noi. Tocca a noi raccontare una storia di musiciste ragazze, di Auschwitz, di intimità e sconforto, di passione e resistenza. Sarà la Fenice, saranno le settecento persone che ascoltano con partecipazione, ma mi sembra che il suono del trio d’archi esca come non è mai uscito. Sul brano finale di Boccherini, quando Nausicaa (19 anni proprio oggi) fa scendere sui gravi il suo violoncello e da sola affronta quel vuoto tra noi e il cielo del teatro, ho la sensazione che gli anni passati a fare ricerca, gli infiniti chilometri tra incontri e incontri, le facce, i libri, l’ascolto delle testimonianze, abbiano un senso inspiegabile e misterioso, e insieme bellissimo. Quello spazio, quel luogo, sta accogliendo la memoria del passato nel migliore dei modi che potevamo donare.
Provo un senso di gratitudine per le musiciste, per tutti coloro che hanno desiderato questo momento, dall’Associazione Figli della Shoah alla Comunità ebraica di Venezia, per i responsabili e i tecnici del teatro così precisi e disponibili, per le persone in sala che non ci facevano più andare via, le avrei abbracciate una a una, e per fortuna un po’ le ho abbracciate. Ho l’idea che la memoria la si faccia solo tutti insieme, esista solo così, su e giù dal palco.
Sono partita con voi
Da mesi rileggo una raccolta di poesie di Francesca Ruth Brandes. È uscita alla fine dell’anno appena trascorso e da settimane vorrei parlarne. S’intitola Esodi (Zacinto edizioni). Racconta gli arresi, i disillusi, i battuti. Lo fa con una tenerezza poetica che ti accompagna come musica. Parla del passato lontano e di quello più vicino, li mette insieme senza che tu te ne accorga quasi. Una sapienza tra le parole. Francesca Brandes sa che la storia è fatta anche di manchevolezze, di sguardi fragili. Sul palco della Fenice tenevo in mente una sua poesia, che dice così.
Sono partita con voi
lo straccio bianco
legato al braccio
e le mani alzate
Sono partita su un carretto
tutte le mie stelle
nel forno
le stelle dell'eroe
la stella insanguinata
nella polvere.
Rinascere
Il bookshop del giorno della memoria a Venezia è gestito da una libraia coraggiosa, Vera Salton. La sua libreria a Vittorio Veneto, Il treno di Bogotà, l’anno scorso è andata a fuoco per un cortocircuito. Vera ha dovuto ritrovare le forze e ricostruirla da zero, più grande e più bella. Ora, il fatto che fosse proprio lei a portare i libri in un teatro bruciato e rinato diverse volte nella sua storia, e che in più si chiama Fenice, un mito che richiama alla rinascita delle cose e della vita, non poteva essere solamente una coincidenza: c’è qualcosa di più, è una congiunzione astrale. Mentre ero sul palco, sapere della presenza di Vera mi metteva speranza.
You can't take the Fenice out
Ricordo una vignetta di Calvin&Hobbes, uscita l’11 giugno 1989. La tigre immaginaria Hobbes si sveglia con un’idea, prende la rincorsa e assale giocosamente il bambino Calvin, atterrandolo. E poi Bill Watterson, il suo creatore, le fa pronunciare poche, sagge parole:
You can take the tiger out of the jungle, but you can't take the jungle out of the tiger!
Ed eccoci qui. Puoi togliere noi dalla Fenice, ma non puoi togliere la Fenice da noi.
Arrivederci a Milano
Per parlare di giungla e di memoria, per raccontare cosa succede, per avere le mani in pasta e idee nuove, un pomeriggio di formazione è quel che ci vuole. Il 4 febbraio sarò al Memoriale della Shoah di Milano, il cosiddetto “Binario 21”, per fare formazione agli insegnanti e a chi vorrà, anche a chi non è insegnante. Mi ispirerò ai miei due volumi di didattica della memoria, ossia Tu sei Memoria (per la primaria) e Noi siamo Memoria (per la secondaria, entrambi Erickson). Sarà un pomeriggio organizzato così: dalle 16 alle 17e30 per gli insegnanti della primaria. Dalle 17 alle 18e30 per quelli della secondaria. Come notate dagli orari, ci sarà dunque una mezz’ora comune, nella quale ragionare insieme sulla memoria, e prima e dopo attività distinte, indirizzate a studenti di età diverse.
L’abstract sul sito del memoriale dice così:
Attingendo alle sue due ultime pubblicazioni, l’autore condividerà pratiche e pensieri, frutto dell’esperienza maturata con le classi nella didattica della memoria. Ai docenti verrà offerta la possibilità di partecipare a due distinte attività laboratoriali dedicate alla scuola primaria e alle scuole secondarie. Partecipano Saverio Colacicco (Fondazione Memoriale della Shoah di Milano) e Patrizia Baldi (Fondazione CDEC).
Ci sono ancora alcuni posti disponibili (tutto gratis), ma forse finiranno in fretta. Per iscriversi basta compilare un semplice form: https://forms.gle/qiY1vczW2Gy7Yt599
A chi verrà, consiglio di vestirsi comodi. E soprattutto di visitare il Memoriale: un luogo unico, che ti cambia la vita. Ci vediamo a Milano!
E arrivederci alla prossima letterina, dove racconterò nuove cose di questi giorni frenetici, pieni, commoventi.
Matteo Corradini
Grazie Matteo!